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Pregi e difetti della cultura in Alto Adige: intervista a Gabriele Di Luca (da Scripta Manent)

A fine novembre 2019, un articolo pubblicato da Tiziano Bonini su “Che fare” ha costretto molti a ragionare sull'apertura, non solo mentale, del mondo culturale italiano. Anche perché Bonini ha espresso la sua opinione con notevole chiarezza: “La classe creativa italiana non rappresenta la diversità della società italiana, è altresì composta al suo interno di una frazione ben precisa della società: la classe media urbana, ad alto tasso di capitale culturale/sociale/economico, riprodotto di padre in figlio, di generazione in generazione. (…) Il capitale culturale si riproduce, si perpetua di generazione in generazione, diventa ereditario, insieme alla rete di relazioni familiare, il capitale sociale”.
L'articolo, di cui consigliamo la lettura, elenca una serie di fatti a sostegno della tesi, ma, almeno da questo punto di vista, l'Alto Adige, in particolare Bolzano, sembra essere un'eccezione nel panorama italiano. Non sono pochi gli artisti, gli scrittori, i giornalisti, gli intellettuali in genere, che provengono da fuori provincia e che quindi non possono appoggiarsi alla rete di relazioni a cui fa riferimento Bonini, ma che riescono comunque a operare con un certo profitto nel non vastissimo panorama locale.
Sulla questione abbiamo intervistato uno dei più noti e produttivi intellettuali locali: il livornese Gabriele Di Luca, editorialista del “Corriere dell'Alto Adige” collaboratore di numerose testate locali, nonché “incoscienza” critica del dibattito etnico in corso da decenni da queste parti.

Di Luca, questa apertura del mondo culturale altoatesino ti appare reale?
“Credo di sì e che le basi poggino sulla storia della città di Bolzano, in particolare per quel che riguarda il gruppo linguistico italiano. Bolzano è una città di lunga tradizione migratoria e ancora oggi vi arrivano persone da tutte le parti di Italia. Per vari motivi e varie vicende, sta proseguendo questa scia lunga che porta periodicamente anche persone di elevato livello culturale in città. Persone che hanno particolari esigenze riguardo alla fruizione e alla produzione culturale e che spesso ne diventano protagoniste”.

Soprattutto fuori dalle istituzioni...
“Anche io ho sensazione che nei ruoli istituzionali la percentuale di outsiders sia minore. Ma credo che sia ascrivibile al fatto che chi lavora nelle istituzioni ha naturalmente un maggiore radicamento sul territorio. Chi viene da fuori si configura tipicamente come elemento non inquadrato in una cornice istituzionale”.

La grande differenza rispetto al resto d'Italia sembra riguardare soprattutto la possibilità di realizzare progetti, di portarli a buon fine.
“I progetti culturali funzionano meglio per due motivi. Da un lato... (SEGUE...)

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